La relazione genitori-figli è bidirezionale ed è influenzata sia dallo stile dei genitori, dalla loro personalità e dai loro limiti-risorse, sia dalle caratteristiche del figlio. Quando i figli sono plusdotati, la complessità aumenta. In parte ciò dipende dal fatto che alcune caratteristiche tipiche dei bambini gifted, tra cui l’elevata intensità emotiva, l’estrema sensibilità, l’oppositività, il perfezionismo, il rifiuto dell’autorità e delle regole non condivise, rendono particolarmente arduo il ruolo genitoriale. D’altra parte, proprio la dissincronia dello sviluppo mette spesso in difficoltà il genitore che non riesce bene a collocarsi e a comprendere come relazionarsi con un figlio che sembra per certi versi un adulto e per altri molto immaturo.

A differenza di quanto si possa supporre, sono rari i casi in cui i genitori mostrino atteggiamenti di orgoglio e ottimismo nei confronti del figlio plusdotato; più spesso, ci si confronta con genitori preoccupati, disorientati, che si sentono inefficaci a svolgere il proprio ruolo. A volte si impone il loro senso di colpa per il malessere del figlio e anche l’impotenza nel trovare soluzioni efficaci nonostante il grande investimento, impegno e dedizione.

Osservazione, ascolto, riconoscimento permettono di comprendere e di valorizzare le potenzialità del figlio, non soltanto in relazione al contesto scolastico o professionale, ma soprattutto nella direzione del suo benessere.

Nell’intervento con i genitori, è necessario lavorare sul rinforzo del proprio ruolo, con particolare attenzione alle inversioni di ruolo, all’adultizzazione del figlio e alle dinamiche di idealizzazione/svalutazione che spesso compaiono nella relazione, specie quando si prova a fare il confronto tra il proprio figlio e i coetanei.