13 Aprile 2019
In media una persona trascorre più tempo al lavoro che a casa: 8 ore (almeno) al giorno non sono poche!
Sembra banale dirlo, ma se ci si trova bene sul posto di lavoro, si trascorre quel tempo in maniera più piacevole, lo sforzo fisico o mentale richiesto non è considerato un peso, una noia o una fatica, ma una sfida e un’occasione.
Ma cosa fa sì che questo sia possibile?
Il tipo di mansioni e attività, i rapporti con colleghi e responsabili, gli ambienti fisici, il guadagno economico sono solo alcuni dei fattori che incidono in questo senso.
Oggi stare bene sul posto di lavoro non è un’utopia, impegnarsi a costruire ambienti caratterizzati da interazioni positive è piuttosto un obiettivo realizzabile.
Il benessere al lavoro è una realtà sempre più consolidata, anche in Italia, e per numerose aziende rappresenta un investimento: attraverso corsi specifici le aziende approfondiscono modalità e strategie per rendere l’organizzazione un sistema positivo. Si tratta certamente di una sfida in quanto non è una formula che una volta applicata dà un risultato certo, ma richiede l’impegno e la messa in discussione di tutti i componenti dell’organizzazione, da cui dipende l’esito finale. Per questo alcune aziende decidono di dare la minima attenzione a questo impegno, altre, e per fortuna sono in continuo aumento, ne fanno una priorità e, come ogni investimento, darà i suoi frutti sul lungo termine. Il guadagno non è soltanto in termini di qualità della vita e benessere tra i dipendenti, cosa per altro non di poco conto, ma le relazioni positive hanno un impatto anche sul profitto economico e quindi sulla crescita aziendale.
Lo psicologo Marcial Losada ha definito una formula matematica che studia gli scambi nei gruppi di lavoro: per garantire il successo del team il rapporto tra interazioni positive e negative deve raggiungere un equilibrio pari a 2,9 interazioni positive su 1 negativa. Tale formula spiega che maggiori sono le interazioni positive, migliori saranno le prestazioni di quel gruppo. Non si tratta però di una positività in senso assoluto, ma viene contemplata anche una riflessione su ciò che non funziona, oltre che un’implementazione di ciò che porta alla crescita.
Ma da che cosa dipendono queste interazioni?
Innanzitutto dalle modalità di ogni membro di approcciare agli eventi: in un contesto positivo si sviluppa “l’arte della positività”, ovvero la capacità e la motivazione dei lavoratori di accettare gli eventi negativi e i conflitti per quello che sono, cercando di capire perché non funziona una specifica situazione e ipotizzando soluzioni fattibili, sviluppando emozioni positive senza cadere nella trappola della negatività (lamentela, demoralizzazione, alibi, opposizione). Infine, la creazione di un contesto positivo dipende anche da dinamiche proprie del team.
Ci proviamo? Forse è davvero un investimento che va la pena!